martedì 14 maggio 2013

Aziende alimentari, gestione sottoprodotti: dagli alimenti ai mangimi

Se avete un'azienda alimentare e generate dei sottoprodotti che avete deciso di classificare come MATERIE PRIME PER MANGIMI dovete notificare, al servizio veterinario della ASL competente, la Vostra presenza nel circuito dei mangimi (vedi art. 9 Reg. (CE) n.183/2005).
La pratica, del tutto gratuita (a parte un marca da bollo da €14,62) consta in una autocertificazione inerente il rispetto dei requisti di cui al comma 2 art. 5 Reg. (CE) n.183/2005. L'azienda deve quindi specificare la materie prima prodotta (vedere catalogo comunitario vigente, Reg.(UE) n. 68/2013) e aggiornare il proprio piano di autocontrollo H.A.C.C.P. relativamente alla sezione della gestione dei sottoprodotti descrivendo gestione, stoccaggio, responsabilità ed eventuali pulizie dei locali adibiti. 
ATTENZIONE: la merce in oggetto, dal momento della classificazione come materia prima per mangimi, non è più uno scarto o un rifiuto, ma un mangime al pari di frumento e mais. Occorre quindi prestare attenzione all'esatto inquadramento della merce, alle eventuali indicazioni obbligatorie da riportare nel documenti di trasporto e non menzionare mai la parola scarto o rifiuto anche nei contratti di vendita. La comunità europea ha recentemente posto attenzione sulkla questione inserendo nel nuovo catalogo comunitario, Reg. (UE) n. 68/2013, una definizione "Ex prodotti alimenatari" (vedi punto 3, parte A, all. I ) che definisce i criteri per i quali un alimento non più idoeno al consumo umano, si può classificare come materie prima per mangimi.
Una volta registrata come produttore di materie prime per mangimi, l'azienda alimentare non può vendere materie prime contenenti impurità (vedi allegato III reg. 767/2009). Relativamente al punto 7 ,dell'allegato prima citato, l'azienda non può immettere sul mercato merci contenenti "imballaggi o parti d'mballaggio provenienti dall'utilizzazione di prodotti dell'industria alimentare". Questo al fine di non sommistrare tali materie prime tal quali agli animali. L'azienda può, in alternativa, selezionare mangimifici specializzati  nel trattamento di tali materie prime contenenti tali impurità tecnologiche(di solito sono rientri o eccedenze di magazzino non scadute) e, in caso non possa effettuare direttamente lo sconfezionamento, delegare a questa, tramite accordo scritto, tale attività. Il mangimificio "specializzato" svolge quindi il ruolo di intermediario tra l'azienda alimentare e l'allevatore a garanzia di una maggiore tutela della salute animale. Sarà infatti questo a dare evidenza, alle autorità competenti, dell'avventuta rimozione del packging e a fare da garante dell'azienda alimentare.